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461

A. Perosa, Teatro umanistico, cit., p. 30.

 

462

Si ricordi quanto afferma il Perosa, Teatro umanistico, cit., p. 10-11: «Il nuovo teatro umanistico esprime nelle forme e nelle strutture più adeguate gli aspetti molteplici di una società che si sta trasformando e rinnovando... La nascita e l’evoluzione del dramma profano avviene non dal basso sotto la spinta di iniziative popolari, ma per opera della borghesia colta delle città, in concomitanza con un processo generale di rinnovamento...».

 

463

Per la commedia elegiaca v. Commedie Latine del XII e XIII secolo, III, Genova, Istituto di Filologia classica e medievale, Università, 1980, con ampi studi introduttivi di AA. VV.

 

464

J. García Soriano, El teatro universitario y humanístico en España, Toledo (tirada limitada, falta el editor), 1945, p. 3. V. anche O. Arróniz, La influencia italiana en el nacimiento de la comedia española, Madrid, Gredos, 1969, p. 52.

 

465

F. García de Olmedo, Nebrija en Salamanca, Madrid, Editora Nacional, 1944, p. 157.

 

466

F. García de Olmedo, Nebrija en Salamanca, cit., p. 161. Si ricordi anche O. Di Camillo, El humanismo castellano del siglo XV, Valencia, F. Torres, 1976, p. 273 e segg. per l’opera di Nebrija in favore della diffusione del latino. Tra l’altro: «Lo mismo que Nebrija, Marineo Sículo y Pedro Mártir de Angleria, también Arias Barbosa deploraba el bárbaro estado del latín en Salamanca, y expresó este sentimiento en varios punzantes epigramas...» (p. 278)... «Consideremos sin embargo, que si los estudiantes españoles parecían mostrar una resistencia particular al estudio del latín, ésta debe ser atribuida en gran parte a la utilización tradicional de la lengua vernácula en la mayor parte de los asuntos tradicionales» (p. 276, n.º 8). D’altra parte, partendo dal concetto che la parola è «El producto de circunstancias ambientales», il Nebrija stesso arriva a concludere che un idioma, «es inseparable de su contexto cultural y en este sentido, las lenguas vernáculas no eran inferiores al latín, sino como éste, instrumentos de creación y transmisión cultural, igualmente válidos» (p. 285).

 

467

R. Menéndez Pidal, «La lengua en tiempos de los Reyes Católicos» in Cuadernos Hispano-Americanos, 13, 1950, p. 15.

 

468

Dalla dedica del Quirós riportata da A. Stäuble, La commedia umanistica, cit., p. 31, n. 2. Il fatto che L. B. Alberti dicesse poi di aver trovato la commedia in un antico codice latino in cui era attribuita ad un certo Lepido potrebbe far pensare, sia pure con moltissima cautela, ad un analogo ritrovato di Rojas che nella lettera-prologo a un su amigo attribuisce il primo atto a Cota o a Mena. Questi autori, che, nella loro produzione, non hanno nulla che possa giustificare una simile attribuzione, ma che erano famosi e per di più rappresentanti di un orientamento culturale piuttosto chiuso all’Umanesimo italianeggiante, potrebbero esser il primo indice di una lepida ironia dell’autore della Celestina. Inoltre, pur senza voler minimamente entrare nella spinosa questione dell’autoría e sottolineando che, anche quando si ammette una duplicità d’autore, si vede una estrema raffinatezza e abilità nella sutura del primo atto con gli altri quindici della prima redazione, alla luce delle commedie umanistiche si potrebbe considerare il primo atto non come l’inizio di un’opera incompiuta, ma piuttosto come un’opera già terminata. Se ne osservi rapidamente l’argomento: dopo il primo incontro con Melibea, Calisto parla con Sempronio e questo gli consiglia di ricorrere a Celestina. Sempronio è mandato a casa di Celestina, Calisto intanto è avvertito da Pármeno delle malizie della vecchia. Sempronio e Celestina vanno a casa di Calisto e la mezzana riconosce Pármeno di cui scopre le non gloriose origini. Infine, Calisto dà le cento monete alla vecchia e questa va via. La vicenda può anche terminare a questo punto: il patto tra l’innamorato e la mezzana è stato stipulato e la conseguente caduta di Melibea è facilmente prevedibile. I quindici atti successivi sarebbero una «amplificatio» dello stesso tema, così como i cinque sicuramente aggiunti posteriormente possono essere considerati come un’ulteriore «amplificatio». A proposito del «tractado de Centurio» considerato come amplificazione, v. F. Guazzelli, Una lettura della «Celestina», Pisa. Istituto di Lingua e letteratura spagnola e ispano-americana, Università, 1971, p. 77 e segg.

 

469

S. Gilman, La España de Fernando de Rojas, Madrid, Taurus, 1978, p. 280-281.

 

470

S. Gilman, La España de Fernando de Rojas, cit., p. 294-295.