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Quando i consueti motivi non paiono sufficienti, si arriva anche ad una vera e propria dissimulazione; «... no haviendo yo visto, ni savido por vía alguna la substancia de lo contenido en los libros ni la verdad cónsona de sus traduciones ni otras circunstancias del estilo, y frasis que ayudan, e importan para la significación de las cosas...». In realtà Arias Montano aveva avuto sicuramente occasione di examinare la copia del pergamino inviata ufficialmente a Madrid per il tramite del canonico Francisco Aguilar Terrones, se non addirittura una delle due inviate in precedenza da Fernando Niño de Guevara -il nunzio Camillo Gaetani in persona aveva perorato la consegna di una delle copie al saggio di Fregenal. Nella lettera del 4 maggio 1593 Arias Montano era stato del resto assai esplicito: «... y a solas también tomé tiempo de dos días para ver las piezas aparte, y con ellas, por excusar vísitas y estorbos, me retiré a la heredad que tengo aquí cerca de Sevilla» (in Cabanelas, art. cit., p. 17). E in quella del 3 maggio 1595 aveva ammesso di aver preso visione del Kitãb gawã’id al-dïn (ibid., p. 27). (N. del A.)

 

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Cfr. B. Rekers, Benito Arias Montano (1527-1598), London-Leiden, Warburg, 1972, pp. 10-12; e D. Domenichini, Analecta montaniana, Pisa, Giardini, 1985, pp. 12-24. (N. del A.)

 

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E che serà celebrata solo nell’aprile del 1600, per motivi del tutto contingenti -la morte di Filippo II e un’epidemia di peste nella Spagna meridionale. (N. del A.)

 

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Cfr. L. P. Harvey, «Crypto-Islam in Sixteenth Century Spain», in Actas del Primer Congreso de Estudios árabes e islámicos, Madrid, CSIC, 1962, pp. 163-78; e P. Driessendoerfer, Islam unter der Inquisition. Die Morisco Prozesse in Toledo (1575-1610), Wiesbaden, Reder, 1971, pp. 131-48. (N. del A.)

 

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I nodi di interesse investiti dalle quattro lettere montaniane, in maniera più o meno tangenziale, meriterebbero un’analisi che non può trovar posto in questo lavoro. Si respira -specie nella lettera del 10 novembre 1596, ma anche altrove- un’aria, tutta erasmiana, di esaltazione della poliglossia, come chiave ermeneutica privilegiata per lo studio de «las cosas de la religión»; la vicenda delle illustrazioni che accompagnano la terza edizione degli Humanae salutis monumenta -e con la lettera del 30 aprile 1597 mi pare finalmente risolto l’annoso problema della terza edizione fantasma dei Monumenta (quella del 1572), che tanto ha diviso i bibliografi montaniani- è senz’altro investigabile all’angolo di una frequentazione assidua, da parte di Arias Montano e della équipe anverpiense, di fonti sicuramente extra-canoniche, e molto probabilmente anche extra-cristiane, attinenti al ciclo dell’infanzia di Gesù. (N. del A.)

 

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Non a caso, nei giorni del destierro, il partito delle láminas -Castro Quiñones in testa- difenderà con ogni mezzo praticabile il buon diritto della minoranza morisca a veder salvaguardati i diritti sanciti dalle Capitulaciones del 1491. (N. del A.)

 

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Si confrontino, ad esempio, le pagine central della memoria valenciana (Discurso sobre el pergamino y láminas de Granada, Biblioteca Nacional de Madrid, ms. 2316/2.ª parte, ff. 6r-30r) con la lettera montaniana del 3 dicembre 1597 (infra, doc. n.º 3). E’ qui evidentissima l’utilizzazione di ampi passi dei manoscritti del maestro, custoditi con cura filiale ma anche rielaborati con indubbie risorse critiche; è un po’ il caso delle osservazioni sull’Apparato alla Poliglotta, studiate da J.A. Jones, «Las advertencias de Pedro de Valencia y Juan Ramírez acerca de la impresión de la Paraphrasis chaldaica de la Biblia Regia», Bulletin Hispanique, LXXXIV (1982) pp. 328-46; e dei centoni in materia soteriologica, esaminati da chi scrive in Analecta montaniana cit., pp. 24-43. (N. del A.)

 

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Si può ben dire che qui la schola montaniana percepisca, in forma -diciamo così- positiva, quei legami di implicazione diretta tra problema morisco e congiuntura internazionale, che la Consulta del Consejo de Estado del 10 agosto 1600 aveva messo a fuoco in maniera estremamente critica, e che la storiografia occidentale ha riscoperto con Braudel, a distanza di più di tre secoli, Cfr. A. Hess, «The Morisco. An Ottoman Fifth Column in Sixteenth Century Spain», The American Historical Review, LXXXIV, 1968/69, pp. 1-25; e L. Cardaillac, «Morisques et protestants», Al-Andalus, XXXVI, 1971, pp. 29-63. La Consulta del 1600 è riportata in F. Janer, Condición social de los moriscos de España, causas de su expulsión y consecuencias que esta produjo en el orden político y económico, Madrid, 1857, R. A. Historia, p. 278. (N. del A.)

 

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In Luis del Mármol Carvajal, Historia del rebelión y castigo de los moriscos del reino de Granada, Madrid, CSIC, 1946, p. 164. Il Memorial di Núñez Muley, conservato nel ms. 6176 della Biblioteca Nacional di Madrid, è stato pubblicato integralmente da K. Garrad, «The original Memorial of Don Francisco Núñez Muley», Atlante, II, 1954, pp. 168-226. È’ difficile, anche per lo storico di oggi, sottrarsi alla tentazione di vedere nell’irrimediabile tramonto della stella di Hernando de Talavera tra i suoi correligionari -e, al contrario, nella rievocazione continua, anche a distanza di svariati decenni, da parte di quelli che avrebbero dovuto essere i suoi avversari- un segno dei tempi, che va al di là della semplice illustrazione di una linea di tendenza profondamente incisa nella società cinquecentesca ispanica. E’ forse giunto il momento di rileggere -proprio partendo da questi inopinati esiti, che si colgono in filigrana già nell’Epistolario di Pietro Martire d’Anghiera- l’intera scrittura dell’autore della Católica impugnación. (N. del A.)

 

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Sobre el tema del dinero y del interés y su relación u oposición a otros valores, sobre todo al amor, y la importancia estructural del mismo en varias comedias de Lope, ver David M. Gitlitz, La estructura lírica de la comedia de Lope de Vega, Valencia, Albatros Ediciones (Hispanófila), 1980, p. 86-95. (N. del A.)